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Predarossa

Preda è una delle forma in cui si declina nel nord Italia la pietra, intesa non tanto come materia, ma come roccia dalla forma caratteristica. E non si può negare che quel suono d’antico, un nome pre-alpinsitico potremmo dire, applicato alla valle delimitata dalle Cime di Arcanzo e della Remoluzza e verso sud dai Corni Bruciati sembra serbare il ricordo di antiche leggende. Ma soprattutto la valle di Preda Rossa, la più significativa che s’apre sul versante est del solco vallivo principale,  è l’accesso al Disgrazia la cima più bella e alpina della Val Masino.

Terra di confine, geologico prima che umano, cromaticamente caratterizzato dalla contrapposizione fra il grigio e il rosso. Ma anche possibilità di passaggio verso la Val Malenco e la sua Alta Via e di congiunzione con la parte finale del Sentiero Roma, attraverso l’omonima Bocchetta. Non tutti sanno che questo percorso venne concepito durante la Prima Guerra Mondiale  come rapido collegamento fra le testate delle valli da presidiare nel caso gli Imperi Centrali avessero deciso di violare la neutralità svizzera e di attaccare il Regno d’Italia anche in questa direzione. Un’eventualità che non si verificò,  ma che in seguito diede l’occasione, a partire dal 1928, per una sua realizzazione con scopi escursionistici e alpinistici.

Ma non bisogna farsi intimorire da questi nomi e da questi luoghi così carichi di un fascino antico: la valle regala spettacoli anche a chi solo ne percorre qualche tratto: i più piccoli saranno entusiasti delle anse del torrente Duino che caratterizzano la Valle del Sasso Bisolo e, spingendosi più avanti, nel percorrere ponticelli e passerelle che attraversano il lungo piano di Preda Rossa, “acquitrinoso ma verdeggiante”, dove il torrente inizialmente impetuoso prende a zigzagare come un enorme serpente. E anche se il ghiacciaio omonimo è parecchio arretrato in questi anni, il quadro resta decisamente di alta montagna, offrendoci una sorta di riuscitissimo compendio di paesaggi alpini.

Per chi la percorre tutta, giungendo così alla capanna Ponti, si aggiunge un’incursione senza pari nella storia alpinistica di queste montagne: qui, più che altrove, risuona il nome del nobile milanese Francesco  Lurani Cernuschi, che poco a valle dell’attuale rifugio fece costruire, per donarla al CAI di Milano, la Capanna Cecilia, contribuendo a fare dell’accesso da questa valle quello privilegiato al Disgrazia e quindi determinando il suo futuro alpinistico.

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